Oggetto del ricorso quasi tutti gli articoli della LR n.1 del 2021
La Legge regionale recante “Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985 e n. 16 del 2017” è oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Governo.
Il provvedimento è considerato censurabile in quanto, ad avviso del ricorrente, eccede dalle competenze riconosciute alla Regione Sardegna in quanto la potestà legislativaregionale in materia di “edilizia e urbanistica”, che rientra nella materia “governo del territorio”, ai sensi dell’articolo 3 dallo Statuto speciale, deve essere esercitata “in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”, quindi nel rispetto anche delle norme in materia di tutela del paesaggio, dei beni ambientali e culturali, di competenza esclusiva dello Stato, a questo attribuita in via esclusiva dall’art. 117 della Costituzione, tra cui rientrano le previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Anche l’attribuzione alla Regione di competenze per la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici, è scritto nelle motivazioni, non risulta implicare una competenza normativa in materia di tutela del paesaggio, che resta ben distinta dal “governo del territorio”, pur avendo ambiti in comune, in particolare per quanto riguarda l’attività di pianificazione.
La stessa Corte, viene evidenziato, ha sempre ritenuto che la materia “edilizia ed urbanistica” includa anche la possibilità di incidere sulla pianificazione del paesaggio in senso lato, salvi i limiti delle norme statali di grande riforma economico-sociale (tra le quali va annoverato il principio di co pianificazione, previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio), senza con ciò riconoscere alla Regione una potestà legislativa primaria in materia di tutela paesaggistica in senso proprio, che non è prevista dallo Statuto.
Da quanto sopra derivano i rilievi mossi al Piano casa regionale, tra i quali, a titolo esemplificativo, si evidenziano le seguenti censure:
art.1, recante disposizioni in materia di “salvaguardia dei territori rurali”, che si ritiene introduca una previsione derogatoria rispetto alla pianificazione urbanistica comunale e alla norma fondamentale di grande riforma economico-sociale (legge n. 1150 del 1942) che impone il rispetto dei limiti inderogabili di densità edilizia previsti per le diverse zone del territorio comunale. La norma in argomento si porrebbe in contrasto con la finalità dichiarata di “salvaguardia dei territori rurali”, prestandosi, al contrario, a determinare la trasformazione di insediamenti rurali in insediamenti abitativi, con conseguente grave rischio di fenomeni di c.d. dispersione urbana.
art. 2 che proroga al 31 dicembre 2023 il termine per superare le situazioni di degrado dell’agro;
art. 3 riguardante la Pianificazione del sistema delle scuderie della Sartiglia di Oristano;
art.4 che concerne gli Interventi di incremento volumetrico del patrimonio edilizio esistente, con esclusione dall’applicazione delle fasce costiere di 300 metri dalla linea di battigia marina, è considerato “una sistematica violazione delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale, in quanto consentono nuova edificazione in aree paesaggisticamente tutelate e vincolate, tra le quali quelle della “Fascia costiera” e la previsione della realizzazione o l’ampliamento delle verande coperte, risulta anche lesiva della potestà dello Stato in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Inoltre, le previsioni di incrementi volumetrici generalizzati, considerate in deroga alla pianificazione urbanistica e senza che sia garantito il rispetto degli standard urbanistici comporta, vengono ritenute in violazione delle norme di grande riforma economico-sociale;
art. 5 concernente “Interventi di incremento volumetrico delle strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie”, viene evidenziato che gli incrementi sono previsti anche in aree vincolate paesaggisticamente (in quanto restano escluse le sole fasce di 300 metri dalla linea di battigia marina), comportando così una sistematica violazione delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale;
art. 6 concernente “Interventi per il riuso e per il recupero con incremento volumetrico dei sottotetti esistenti”, considerato in conflitto con la normativa statale, in quanto disciplina, direttamente e in via autonoma, le possibili trasformazioni delle coperture degli edifici, potenzialmente anche molto rilevanti per il paesaggio e, con riferimento ai sottotetti ricadenti in ambiti paesaggisticamente tutelati, sottraendoli alla disciplina del piano paesaggistico.
art. 7 riguarda gli “Interventi di recupero dei seminterrati, dei piani pilotis e dei locali al piano terra”, norma che viene considerata, in certi casi, appare in grado di alterare profondamente l’aspetto esteriore dei fabbricati e, in alcune parti, si pone in contrasto con le previsioni del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) della Sardegna.
art. 8 disciplina gli “Interventi per il riuso degli spazi di grande altezza”, al cui proposito si evidenzia che solo per le zone A è assicurato il rispetto del Piano paesaggistico
art. 9 “Norme per il miglioramento del patrimonio esistente” che, secondo il ricorrente, contiene disposizioni volte a restringere le categorie di beni sottratti all’applicazione della legge, ampliando conseguentemente la portata delle deroghe consentite alla disciplina urbanistica e paesaggistica.
art. 11 “Disposizioni comuni”, nell’ambito del quale il comma relativo ai volumi oggetto di condono edilizio che sono computati nella determinazione del volume urbanistico cui parametrare l’incremento volumetrico”, capovolgerebbe il principio statale in base al quale gli abusi edilizi, benché oggetto di sanatoria, non sono mai computabili ai fini di ottenere premialità edilizie su quei volumi, considerati frutto di attività illecita.
art. 12 sugli “Interventi di trasferimento volumetrico per la riqualificazione ambientale e paesaggistica”, le cui disposizioni possono essere di impatto importante sul territorio
art. 13 Trasferimento dei volumi realizzabili ricadenti nelle zone Hi4, Hi3, Hg4 ed Hg3 del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI)”, norma definita in “fuga” dal piano paesaggistico. Viene osservato che le delocalizzazioni oggetto della disciplina in argomento riguardano non solo e non tanto edifici già esistenti, ma anche edifici non ancora realizzati in ambiti a rischio idrogeologico dove, in conseguenza dell’approvazione del PAI, dovrebbe essere esclusa o limitata l’edificazione
art. 14 concernente il rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione. Si ritiene che con questa norma venga molto ampliato l’ambito applicativo della disciplina normativa e l’impatto sul territorio degli interventi di demo-ricostruzione consentiti.
art. 15 Misure di promozione dei programmi integrati per il riordino urbano, per il quale viene evidenziato che, benché la norma richieda espressamente la conformità al piano paesaggistico per l’individuazione degli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti, tuttavia la Regione interviene autonomamente a variare le norme di gestione e uso delle aree tutelate paesaggisticamente, che invece dovrebbero essere oggetto di copianificazione paesaggistica con lo Stato.
art. 16 Disposizioni transitorie della legge regionale n. 4 del 2009, relativo alla disciplina transitoria del vecchio “piano casa”, mantenuta in vita per i procedimenti già pendenti e che, trattandosi di una disciplina abrogata, mantenuta in vita transitoriamente soltanto per i procedimenti avviati entro una certa data, si ritiene che non possa essere modificata in senso retroattivo, introducendo i presupposti per l’accoglimento delle istanze presentate entro il termine del 29 novembre 2014 e quindi, ad avviso del ricorrente, una sorta di sanatoria.
art. 17 recante “Differimento dei termini”, considerata una norma che di fatto prolunga per ulteriori 6 anni le disposizioni che consentono alcuni interventi previsti dal c.d. piano casa sardo, in contrasto con il carattere straordinario ed eccezionale della normativa del piano casa. Inoltre, il carattere retroattivo della disposizione contrasterebbe con il divieto di sanatoria ex post disposto dall’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
art. 18 fa salve le istanze e gli atti già prodotti rispetto alla pregressa normativa regionale, che la legge regionale n. 17 del 2020 aveva prorogato fino al 31 dicembre 2020. Si evidenzia che con questa previsione vengono fatti salvi gli atti e le istanze già presentate sulla base della norma previgente, a sua volta impugnata avanti alla Corte.
art. 21 “Accertamento di conformità”, che si ritiene consenta di sanare a regime una serie di abusi non sanabili in base all’attuale disciplina
art. 23 “Aree di sosta temporanea a fini turistici”, per il quale viene considerato necessario specificare che la realizzazione delle aree di sosta debba essere conforme alle previsioni del piano paesaggistico e autorizzata sotto il profilo paesaggistico.
art. 24 “Realizzazione dei campeggi oltre la fascia dei 300 metri dalla linea di battigia”, anche questo articolo considerato in contrasto con il piano paesaggistico regionale e in particolare con la disciplina d’uso (NTA) del bene paesaggistico tipizzato e individuato della “Fascia costiera”
art. 25 fornisce l’interpretazione autentica dell’articolo 4 del decreto dell’Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266/U del 1983, inerente il dimensionamento della capacità insediativa alberghiera, che, ad avviso del ricorrente, introduce la possibilità di individuare, in sede di redazione degli strumenti urbanistici comunali (non ancora adeguati al PPR) nuove previsioni edificatorie, anche negli ambiti tutelati paesaggisticamente, in contrasto con il principio di copianificazione obbligatoria stabilito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Art .26 “Insediamenti turistici. Specificazioni” che si ritiene introduca in via autonoma e unilaterale, previsioni derogatorie alle NTA del PPR, consentendo la localizzazione di nuovi interventi turistici e relativi servizi generali non conformi alla vigente disciplina di tutela, al di fuori degli obblighi di verifica ed adeguamento del Piano paesaggistico regionale
art. 27, recante “Disciplina degli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale”, in base al quale sarebbe introdotta nelle NTA del PPR, in via autonoma e unilaterale, una ulteriore fattispecie derogatoria agli obblighi di adeguamento al Piano paesaggistico regionale dei PUC (Piani Urbanistici Comunali), consentendo l’adozione e approvazione di Piani attuativi derogatori alla obbligatoria disciplina di tutela definita dal PPR.
art. 28 “Disposizioni di salvaguardia delle zone umide” che, secondo il ricorrente, introduce una nuova (ulteriore e diversa) interpretazione autentica delle previsioni delle NTA, più restrittiva della portata del vincolo.
– 4. Capo IV – Disposizioni finali.
art. 30 “Clausola di non onerosità” prevede che gli articoli della legge in argomento costituiscono disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia e quindi sono di immediata applicazione e prevalgono sugli atti di pianificazione, sugli strumenti urbanistici generali e attuativi e sulle altre vigenti disposizioni normative regionali.
Viene quindi considerato illegittimo perchè assicura la prevalenza delle disposizioni regionali rispetto alle previsioni e prescrizioni del Piano paesaggistico regionale, in contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Per tutto quanto sopra, la legge regionale è stata considerata impugnabile ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione